L’errore più comune quando si parla di lettura è giudicare il lettore dagli autori che frequenta. È sbagliato. È una forma di discriminazione, anche se la discriminazione va di moda. Il punto non è mai cosa o chi: è sempre come.
Jorge Luis Borges è tra i miei scrittori preferiti. Borges è uno di quegli autori che alle persone piace citare per assumere un tono. Il nome Borges diventa così una sorta di titolo o di patente da spendere al momento opportuno. Quasi sempre, le persone che chiamano in causa Borges con una citazione o con l’isolamento di un discorso o di un’intervista, lo fanno per avvicinare il proprio nome oppure la propria opinione a quella di Borges, dal momento che Borges è considerato un intellettuale elitario e raffinato. Oppure lo fanno per sostenere un’idea, “tirano per la giacchetta” Borges. Borges è abbastanza popolare da godere di citazioni occasionali ma non così popolare da venire volgarizzato e svuotato della propria aurea, del proprio peso specifico, delle leggende e delle immagini che alimentano gli equivoci: cieco come Omero, l’uomo che ha letto tutto, l’ultimo degli umanisti, l’ultimo dei anarchici, l’ultimo dei reazionari, eccetera. Per fortuna ogni tanto qualcuno chiede chi cazzo sia Borges. Borges sta alla cultura come lo shabby chic ai matrimoni. L’uomo Borges è stato decontestualizzato dall’autore e viene mostrato come fosse un quadro oppure una scultura. È orribile per chi lo ama, credetemi. Si dice Borges senza leggerlo. Borges – per qualcuno – è soltanto una vaga idea di qualcosa di vago o di vagamente vago come la cultura oppure i libri.
Ma questa gente recita una parte. È come se ci si aspettasse che la loro bocca-educazione-formazione tiri fuori il nome di Borges un paio di volte l’anno. Ricordiamo il caso dell’allora presidente del consiglio Matteo Renzi che legge – peraltro a Buenos Aires – una poesia di Borges che non è di Borges. La stessa poesia, sempre attribuita a Borges, nonostante il casino seguito allo scivolone di Renzi, è stata letta ai funerali di Fabrizio Frizzi. Se non fosse una cosa assolutamente borgesiana ci sarebbe da ridere. È proprio la combinazione di ignoranza e contingenza a tessere tranelli.
Facciamo un altro esempio: i Pearl Jam. Dopo i loro concerti italiani dello scorso giugno, durante i quali la band ha preso posizione sulla vicenda migranti invitando ad aprire i porti, la cantante Rita Pavone ha criticato Eddie Vedder e soci attraverso i social e quindi via stampa. Alcuni fan dei Pearl Jam, sulla pagina Facebook italiana del gruppo, hanno sostenuto le critiche della Pavone. Incuriosito, ho sbirciato alcuni dei profili pro-Pavone e ho scoperto che diversi di questi tizi votano l’estrema destra o, quantomeno, esplicitano idee filo-salviniane, filo-sovraniste e filo-nazionaliste. Ma questo non è possibile. Non puoi definirti fan di un gruppo come i Pearl Jam e contemporaneamente votare Giorgia Meloni o Salvini. Certo, puoi. Ma in verità non puoi. Esiste un abisso di senso a separare la narrazione dei Pearl Jam dalla narrazione delle destre e viceversa: un abisso di parole, di opinioni, di fatti. E allora? E allora c’è un numero di appassionati dei Pearl Jam che non riesce a leggere i Pearl Jam, oppure a cui non interessa farlo oppure che racconta almeno una storia falsa. Ci sono appassionati che si accontentano di una fruizione a scarto ridotto, di una fruizione inattiva o di rimbalzo e che non temono di incappare in contraddizioni di senso. E lo stesso discorso vale per Borges, con un’aggravante, dal momento che Borges è un autore di cui si dispone solo attraverso un certo tipo di approccio. Negli altri casi ci si limita a decodificarlo grazie a un sistema di simboli convenzionali: l’atto di leggere.
Altro libro centrale per capire un certo tipo di lettura è Rayuela di Julio Cortázar. In Rayuela il lettore è chiamato a esercitare un ruolo attivo, a livellarsi alla medesima posizione dello scrittore. Il lettore deve decidere, intervenire, manipolare. Rayuela è un romanzo che oltrepassa il concetto di trama spazio-temporale e da cui si può – e si deve – entrare e uscire a proprio piacimento. Rayuela, in un certo senso, è un romanzo infinito.
Per leggere davvero Rayuela, per leggere Rayuela come lo scrittore di Rayuela avrebbe voluto, per gustare fino in fondo il potenziale e l’ambizione di Rayuela, il lettore deve prendere coscienza di questo upgrade e adeguarcisi. Cortázar, tuttavia, propone qualcosa anche per i lettori che non hanno voglia o che non hanno tempo di scandagliare il fondale marino Rayuela e per loro c’è un altro romanzo all’interno dello stesso romanzo: una trama spazio-temporale dotata di multispazialità di superficie o con apnee minime.
Cortázar, all’interno di Rayuela, nei paragrafi per così dire meta-Rayuela, chiama “lettore-femmina” (espressione poco felice di cui si pentirà) colui o colei che comprano e leggono libri “come se stessero assumendo un domestico o siedono nella platea del teatro per divertirsi ed essere serviti”. Ma non li rifiuta, non li esclude. Il punto non è mai cosa o chi: è sempre come.
Tentare un testo che non vincoli il lettore e invece lo renda necessariamente complice nel suggerirgli, al di sotto della trama convenzionale, altre vie più esoteriche. Scrittura demotica per il lettore femmina (il quale d’altra parte non andrà oltre le prime pagine, terribilmente smarrito e scandalizzato, maledicendo il prezzo del libro), con un lieve risvolto di scrittura ieratica. Provocare, impegnarsi in un testo ingarbugliato, slegato, incongruente… metodo: l’ironia, l’incessante autocritica, l’incongruenza, la fantasia al servizio di nessuno.
Dicevamo: non è mai cosa o chi, è sempre come.
Chi è il prototipo dell’ultralettore? Il cosiddetto lettore di genere. Oppure una suora, un prete, un ragazzo in seminario. Persino – seppure in maniera minore – i lettori di best seller o di Harmony.
Ma prendiamo i cosiddetti lettori di genere. Perfetti esempi di lettori atemporali (si situano fuori dal tempo: una nuova storia dialoga con le storie passate e si prepara per quelle future), multispaziali (mi muovono tra i significati e beneficiano del piacere della narrazione su tutti i livelli), esperienziali (conoscono gli argomenti e si godono il viaggio in profondità ricavandone esperienze concrete), oltrelibro (consumano e alimentano le proprie voglie di narrazioni e la propria capacità di ultralettura via serie, film, fumetti) e specialmente edonisti (si divertono).
Dovremmo imparare da loro e invece li disprezziamo.
Oh, wait: classic.