Salvini che cita Simone Weil genera un cortocircuito di senso che insiste col friggermi anche a distanza di tempo.
Ma sai che novità. Qualsiasi pensatore può essere isolato e adoperato a sostegno dei propri interessi. Possiamo tirare per la giacchetta chi ci pare. Specialmente quelle intelligenze che, come Simone Weil, hanno generato pensieri sfaccettati, complessi, contraddittori. E che necessitano di lettori che abbiano la voglia di sfilarsi dal tempo per leggere in profondità, preoccupandosi della qualità della propria lettura, avendo chiaro il rapporto tra fine e mezzo.
Perché la domanda centrale resta la solita. Ovvero: qual è il fine?
Salvini ha un fine rasoterra ma pericolosissimo: la propaganda. E il mezzo per la propaganda scenda a patti con tutto. Non importa se Simone Weil – e qualsiasi lettore di Simone Weil lo sa bene – è l’antitesi della semplificazione, dell’intolleranza e della mancanza di scrupolo e di etica salviniana.
Non importa per due motivi: uno, il pubblico di Salvini non conosce Simone Weil; due, coloro che conoscono Simone Weil scrivono pipponi come questo che rafforzano e cementificano la bolla di Salvini e soci che elogia – raggirandola – l’essenzialità dell’uomo della strada. La dicotomia borgesiana tra uomo di azione e uomo di pensiero portata allo stremo, a una assurda faida.
E dunque Simone Weil, che non ammetteva contrasto tra azioni e pensiero, che stava sempre dalla parte degli ultimi, che biasimava la collettività e le ideologie, che si consumava per la spiritualità, che guardava solo a verità e bellezza, subisce il sacco di Salvini, che parla da Pontida con un rosario in mano perpetrando un genocidio delle intelligenze e delle coscienze in nome di Dio, cinque secoli dopo Colombo e gli spagnoli, i quali hanno generato in nome di Dio gli statunitensi, ovvero europei che hanno massacrato e colonizzato in nome di Dio i nordamericani, i mesoamericani e i sudamericani, prima di generare l’Occidente che ha massacrato e colonizzato in nome di Dio gli africani, i mediorientali e gli asiatici, saccheggiando lo scibile e poi appellandosi in nome di Dio e del Capitale a non so quale forza per sostenere idee sovraniste e scioviniste oppure ad altre idiozie senza senso storico, figuriamoci umano.
Cosa si può fare? Boh. Intanto, si può essere curiosi. Si può essere empatici. Si può ascoltare chi racconta la storia dal punto di vista di chi è arrivato secondo oppure ultimo oppure non è nemmeno arrivato.
Leggere Chomsky. Leggere Zinn. Leggere Simone Weil (che costa fatica, tempo ed energie e che non si presta a riduzioni, sunti o aforismi).
E che cosa riceviamo in cambio?
Sistema immunitario e libertà.
Non incazzature, depressione e rabbia?
Sì, sì. Anche.
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Libri consigliati
La persona e il sacro, Simone Weil, Adelphi
Manifesto per la soppressione dei partiti politici, Simone Weil, Castelvecchi
Lettera a un religioso, Simone Weil, Adelphi
Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, Jared Diamond, Einaudi
Il Grande Gioco, Peter Hopkirk, Adelphi
Capire il potere, Noam Chomsky, Il Saggiatore
Realismo capitalista, Mark Fisher, Not
Bonus
Disobbedienza civile, Henry David Thoreau, Feltrinelli
Disobbedienza civile, Hannah Arendt, Chiarelettere