Le statistiche su quanto leggono gli italiani, immancabilmente, generano reazioni e commenti.
I dati Istat assurgono alla narrazione di cui abbiamo bisogno per rafforzare la sensazione di posizionamento socioculturale dell’insieme lettori.
Un gruppo che abbisogna di questa narrazione per criticarla – prima – e per mantenersi nella propria inesistente bolla – al netto della critica – generando un cortocircuito di senso da rivendicare, esattamente come una certa confidenza con le attività intellettuali di cui il medesimo gruppo si ritiene portatore sano.
(non si capisce una mazza, ok, ma è anche autocritica).
Un articolo su L’Espresso ripropone il tema. L’autore si chiede se la promozione della lettura stia andando nella direzione giusta. E ovviamente la risposta è no. Pare ci sia bisogno di un “Alberto Angela della lettura”, da veicolare in televisione. Di un “narratore credibile ed empatico”. Perché “è un problema di linguaggio”.
Il problema, per come la vedo io, non è di linguaggio. È un problema di indottrinamento a cui, Deo gratias, la gente rifugge.
Borges, uno a caso, diceva che la maniera più efficace di esprimere un concetto o di dire qualcosa è la maniera indiretta. E non ci vuole Borges per capirlo. Come non ci vuole Borges per capire che se le campagne di promozione della lettura, al contrario, vanno nella direzione opposta e sono sempre più dirette e bizzarre probabilmente c’è un motivo. Il motivo – e questi sono i miei due centesimi sull’argomento – è che a nessuno interessa realmente promuovere la lettura, Deo gratias numero due. È solo avanspettacolo, per restare in tema televisivo.
(Lo spettacolo vero, in televisione, persegue altri proselitismi, altroché libri).
Ma l’intera questione è fuori fuoco perché insistiamo col misurarcelo. (semicit.)
Contiamo i libri, definiamo il concetto di “lettore forte” su base quantitativa, calcoliamo quanti lettori abbiamo guadagnato negli ultimi 12 mesi (speriamo nessuno) e quanti ne abbiamo persi (speriamo molti), ghettizziamo implicitamente con frasi come “il 9,1% delle famiglie non ha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100” e puntiamo il dito contro quelli che non leggono, ciclicamente, appena sentiamo qualcuno dire Istat. (E siamo contenti di poterlo puntare, quel dito).
Forse è tempo di introdurre il fattore “come”.
Come leggiamo? Qual è la qualità della nostra lettura? Siamo in grado di mettere in relazione due o più libri? Siamo in grado di avere un pensiero critico e individuale conseguente alla lettura di un libro? Siamo in grado di non limitarci a ricevere passivamente un testo (oppure i 100 libri che abbiamo letto quest’anno) ma essere lettori attivi, guadagnarci il palcoscenico? Quanta cura mettiamo – quanta passione, attitudine, voglia mettiamo – nell’atto di leggere? Quanto ci piace – infine – leggere? (perché leggere dovrebbe essere prima di tutto una passione).
Ché, SPOILER: nessuno ci obbliga. Ché, SPOILER: non leggere va benissimo.
Se noialtri lettori insisteremo a perseguire la metrica quantitativa (e sociale) del “quanto” e non quella qualitativa (e individuale) del “come” continueremo a raccontarci le storielle a posteriori con i dati Istat.
E invece: per leggere di più, per leggere meglio, per essere realmente lettori forti oppure fortissimi dovremmo, chissà, leggere meno e meglio. Leggere meno per leggere di più.
Per questo motivo il mero dato: “quattro milioni di non lettori in più rispetto al 2010”, non significa che in Italia si legge meno. Non significa nulla. È solo una statistica in cerca di contesto. E non esclude il fatto che in Italia, paradossalmente, si legga di più.
Per quanto ne sappiamo: potremmo avere raddoppiato o triplicato il numero dei lettori forti (forti per come li intendo io).
Per quanto ne sappiamo (e per quanto ce ne frega) in Italia si legge sempre di più. E sempre meglio.
LETTORE FORTE NEL 2019
Quando parliamo di Borges dobbiamo partire dal fatto che Borges non ha mai scritto romanzi.
Borges è una superstar delle lettere, ovvero un autore di fama atemporale che non ha mai scritto romanzi.
Perché è un discorso importante?
Perché Borges capisce e rileva che i romanzi non hanno alcuna prelazione sulle narrazioni. Le narrazioni si trovano nelle formi orali (ma non è una novità, pensiamo a Socrate e Gesù), si trovano nei racconti, nei saggi (quella commistione tra fiction e non fiction oggigiorno ovunque), si trovano nel cinema (pensiamo agli scrittori che, per narrare, migrano verso il cinema e le sceneggiature: sono tantissimi da Fitzgerald a Fante, da Thompson a Piglia).
Che cosa precorre Borges?
Borges precorre l’odierna tendenza oltrelibro. Il superamento dell’oggetto libro nell’ambito delle narrazioni e l’evoluzione dell’attività di lettura. Nel XXI secolo le narrazioni hanno saturato la terra. Sentiamo parlare apertamente di storytelling da parte di aziende, marchi e persone. La pubblicità è invasa dalle storie. E la politica ricorre di continuo alle narrazioni (la politica inventa storie di continuo). Il moltiplicarsi dei medium ha moltiplicato le forme delle storie, le ha riprodotte, ramificate. Persino la scrittura è retrocessa, non è più indispensabile per raccontare. La velocità e la facilità di accesso alle masse ha trasformato lo scibile in una narrazione senza forma (prestabilita) e senza soluzione di continuità.
E allora che senso ha continuare a difendere i libri, nella misura di un immaginario ed esclusivo diritto che i libri avrebbero ad abitare le storie, il sapere, le narrazioni? Oppure da una supposta cultura che dai libri procederebbe? Fa sorridere. Anzi, fa ridere. È un atteggiamento posizionale, classista, superato.
La verità è che ormai possibile leggere senza leggere e che la questione, semmai, è come leggiamo. Dove con leggere non intendo necessariamente il decodificare un sistema di simboli convenzionali ma associare, socializzare e relazionare le narrazioni in cui ci imbattiamo.
La nostra capacità di lettura dovrebbe evolversi, entrare in relazione con quanto fruiamo sottoforma di libri, serie televisive, videogiochi, social network, film, giornali. Smetterla di chiedersi quanto oppure cosa, cominciare a chiedersi come. Altroché lettore forte. Altroché libri.
Essere in grado di leggere, essere in grado di riconoscere una storia, soprattutto oggi, è indispensabile per orientarsi.
Borges ha dedicato la propria vita alle lettere e contestualmente ha cominciato a sdrammatizzarle, ridurle, oltrepassarle.
Ma noi siamo ancora qui a misurarci il cazzo, autocit.
PS.
Le narrazioni migrano da sempre. E questi sono gli anni d’oro delle narrazioni. Un paradosso? Ma evidente. La velocità dei messaggi e la facilità con la quale raggiungono un pubblico ha moltiplicato il numero e i formati delle narrazioni. Sono, semmai, il medium libro e la scrittura a retrocedere pur continuando a godere di immotivata autorevolezza e prestigio sociale (in taluni ambienti e con un contrappasso pesantissimo in termini sociali: l’odierno biasimo nei confronti di tutto quanto sia vagamente intellettuale). Quindi sempre più libri e sempre meno lettori di libri. Ma, a quanto pare, una crescente fruizione di storie e di narrazioni. Il pubblico legge in maniera diversa perché le narrazioni sono esplose, hanno varcato i confini, inaugurato formati. L’ipotetico canone, che deriva comunque da una lettura arbitraria e personale, soprattutto se a proporlo sono gli scrittori che leggono a partire dalla propria produzione, deve tenere conto di questa evoluzione. La critica dovrebbe svilupparsi e relazionare narrazioni dal formato diverso, ibridarsi. Libri e pubblicità, videogiochi e politica, serie televisive e meme. Gli spazi per questo tipo di critica non sono diminuiti. Al contrario. Diminuiscono gli spazi per una critica arroccata, concentrata nella difesa di una supposta superiorità che dai libri deriverebbe. Una critica poco utile, posizionale, che non integra e non realizza in alcuna maniera l’opera. Mi sembrano, invece, anni fecondissimi per una critica che accompagni verso un “ritorno alle storie”. Tornare alle storie per orientarsi nel reale. Indagare le relazioni specifiche tra finzioni e realtà. Viviamo gli anni d’oro delle narrazioni e dei libri e manco lo sappiamo.
HO SCRITTO ULTRALETTURA, SE TI INTERESSA APPROFONDIRE LA MIA VISIONE DEL CONCETTO DI LETTURA E DI LETTORE FORTE.
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