Quando si leggono molti libri di pochi autori, quando si diventa un po’ voyueristi e un po’ ultrà, la vita degli scrittori, il loro essere – infine – donne oppure uomini, persone che hanno occupato o che occupano una brava parte di mondo proprio come noi che collochiamo opere e bibliografia, che conosciamo abitudini e spostamenti, gli amori e le debolezze, in un amen sei capace di consultare un articolo e pensare robe tipo Perdio! No! Ugnė Karvelis non è la seconda moglie di Cortázar! Ugnė e Julio non si sono mai sposati!
Del resto, se non ricordo male, certa ermeneutica ha ribadito l’importanza del legame tra vita dell’autore e opera.
Ma il rischio qual è? Mitizzare.
Un rischio e una perdita di tempo. Amare al lordo della normalità is the new mi piaci molto come persona.
Insomma: ho speso parecchi soldi per acquistare Julio Cortázar. El cronopio fugitivo, Edhasa, una biografia non autorizzata di Cortázar scritta da Miguel Dalmau e che promette-grossi-scandali e incesti, gigantismo, ormoni, sesso, schizofrenia, sterilità e tutto lo scibile. Mi interessa? Moltissimo. Soprattutto perché una biografia non autorizzata di Cortázar è un libro parecchio Cortázar, una maniera di guardare le cose da tutti i lati. E poi perché sono morte Aurora Bernárdez e Carmen Balcells, che ne hanno impedito l’uscita nel 2014, in occasione del centenario, e io sono una scimmietta curiosa proprio come te.
E come tutti. Essere normali è normale anche se ti chiami Cortázar, Julio.
E infatti, a seguire, 5 momenti normali di scrittori e persone straordinarie.
Borges che ci sa fare
Nel libro Con Borges, Adelphi, Alberto Manguel racconta di quando Borges consolò Silvina Ocampo per l’inattesa e drammatica perdita del suo cane. E lo fece alla grande. Le disse Silvina, su col morale. Sai, esiste un cane platonico aldilà di tutti i cani. Non piangere, Silvina. Non piangere perché ogni cane è il Cane. Commovente, vero? Silvina la prese bene. E lo mandò aristotelicamente dove non batte il sole.
Onetti che resta tutto in famiglia
Onetti ha sposato sua cugina nel 1930 e ci ha fatto un figlio nel 1931. Nel 1933 si separa dalla moglie e sposa sua cugina. Un’altra. Che è pure sua cognata perché è la sorella della moglie, che diventa l’ex moglie e anche sua cognata.
Già a 10 anni Bolaño vendeva i biglietti sulla tratta Quilpué-Valparaíso, autobus. Dopo il trasferimento in Messico nel 1968 ha continuato a studiare fino a 16 anni, poi ha abbandonato la scuola e si è dedicato a leggere e a scrivere e a dare fastidio a tutti. Ed è diventato il migliore.
Quiroga che ha addosso una certa sfiga
Quiroga assiste al suicidio del suo patrigno e poi scappa a Parigi e quando torna, mentre pulisce la pistola che sarebbe servita al suo migliore amico per battersi a duello con un critico, lo uccide. Uccide l’amico, per sbaglio. Va a vivere nella selva e per guadagnarsi la pagnotta insegna. Si innamora di un’adolescente, sua alunna. Si sposano. Fanno due figli. Lei si ammazza. Si innamora di una compagna di classe della figlia. Si sposano. Tornano a vivere nella selva. Lei lo molla. Lui si ammazza.
Rulfo che ci percula con lo zio Celerino
Rulfo ha raccontato che il motivo della sua scarsa produttività era da attribuire alla morte dello zio Celerino, che gli raccontava le storie. Una freddura a misura d’uomo. Come quando a scuola dici che i compiti se li è mangiati il cane che manco ce l’hai, il cane.
La fortuna di essere scrittori è di vivere in un mondo senza limiti. E tutto ciò che offrono alla nostra lettura è un bendiddio che fa dire a Pierre Dumayet “Lire est le seul moyen da vivre plusieurs fois”. Poi vien da chiedersi perché tipi come Rimbaud, Rulfo, Salinger, che esordiscono alla grande, d’improvviso cessano di scrivere diventando, per dirla con Enrique Vila-Matas, dei bartleby, ossia “esseri che ospitano dentro di sé una profonda negazione del mondo”. Se la storia dello zio Celerino per Rulfo è una scusa per accedere all’area degli “scrittori del No”, si apre un campo sterminato in cui ogni lettore può andare alla ricerca della causa scatenante di siffatta decisione.
E che dire di Borges? Il semiologo Omar Calabrese, discepolo di Umberto Eco, ha scritto di essersi avvicinato e poi apprezzato questo scrittore dopo aver letto le storie fantasiose di Paperino. Che dire. Nel racconto ‘La Casa di Asterione’ (L’ALEPH) Borges si lascia andare mettendo in bocca al protagonista parole che negano alla scrittura ogni possibilità di comunicare qualcosa ad altri. Insomma, la fantasia (o invenzione) allo stato puro
Personalmente, restando in tema di letteratura di lingua ispanica, per essendo contrario a definire “di culto” un qualsivoglia scrittore (o artista in genere), che è secondo me un vezzo da farlocchi, sono grato al Julio Cortàzar (non ho l’accento giusto) per essere rimasto curvo sulla macchina da scrivere fino all’ultimo.
Per concludere un po’ così: quando mi parlerete di DFW, un talento non da poco, che – tra l’altro – apprezzava molto il nostro Julio e (perché non citarlo) anche Manuel Puig? Vi aspetto.
Cari saluti.
Enrico.
Grande Enrico! Finalmente hai sdoganato Borges! Mitico!