Componibile 62 Julio Cortázar | Questa è la recensione di Componibile 62 scritta “a caldo” e pubblicata su Finzioni, nel 2015, appena dopo l’uscita del libro. La recensione è strettamente legata ai link proposti (il mio primo e ancora ultimo tentativo in tal senso), che paiono avere degli anchor text assurdi, quantomeno strani, e infatti lo sono, assurdi e strani. (Ma se hai letto il libro, o se lo leggerai, ecco, i link sono altrettante entrate oppure altrettante uscite di un libro che non finirai mai di leggere perché, banalmente, la fine non c’è) (e magari i link ti sembreranno meno assurdi) (non ci giurerei).
Quando nel 1968 viene pubblicato Componibile 62 Julio Cortázar è uno scrittore di cinquantaquattro anni e di un certo successo.
Nel 1963, un lustro prima, Rayuela restituiva la cifra del tentativo commovente e pazzesco di un signore alto quasi due metri e con gli occhi da vitello, effigi del mantenimento latente di multiple possibilità o realtà o aperture; rappresentazioni della necessità di una portata di sguardo asimmetrica, inconforme, illimitabile; nodo al fazzoletto a forma di faccia di Cortázar: ricordati di guardare le cose e ricordati di guardare le cose dappertutto.
Julio Cortázar, nel 1968, dicevamo, è uno scrittore di cinquantaquattro anni e di un certo successo e un uomo che sta divorziando dalla moglie e che scopre – con imbarazzo – che la terza fase della sua vita – quella storica – è cominciata in ritardo.
I detrattori hanno abbozzato che l’andropausa cortázariana anziché a forma di una due posti tedesca è stata a forma di rivoluzioni socialiste e latinoamericane? Non possiamo escluderlo.
Componibile 62 non è in alcuna maniera il seguito di Rayuela.
Componibile 62 non è inedito, in Italia. È stato pubblicato da Einaudi nel 1974 con la inestimabile traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini, la stessa che oggi edizioni Sur ripropone nella ormai consueta e colorata e casta eleganza.
Venuto a conoscenza del misfatto, un mio amico dice, Come mai se sei così fan di coso, di Salázar, non l’hai letto prima, ‘sto libro? Io dico, Perché l’attesa del piacere è essa stessa il piacere. Dice, La pubblicità? Dico, Più o meno.
Archiviato lo sterile scambio verboso domenica 17 maggio 2015 salgo in macchina e vado al Salone del Libro di Torino essenzialmente, principalmente, per palesarmi allo stand Sur e comprare Componibile 62 di Julio Cortázar.
Ci sono andato apposta? Sì.
A casa ho questi piccoli post-it arcobaleno che sono la morte delle copertine pastello di Sur, il libro lo comincio domenica 17 maggio e lo termino giovedì 21 maggio e utilizzo 67 post-it di 4 colori diversi: rosa, giallo, blu e arancione.
Inauguro un taccuino dove annoto l’esegesi per un totale di 6 paginette scarabocchiate con sillogismi male imbastiti.
L’esperienza di lettura, come sempre, mi gratifica e mi emoziona.
Quando leggo Cortázar mi preoccupo molto della qualità della mia lettura.
Mi sono scoperto a circoscrivere momenti che fossero riconducibili all’uomo – al cronopio cinquantaquattrenne, già esteta, già metafisico, in crisi con Aurora, destinato a Ugnė e crucciato dalle questioni cubane e nicaraguensi – e a discernere quanto e come la parentela con Rayuela fosse giustificata.
(e allora il finale e l’incipĕre aperti, i riferimenti gotici, gli ammonimenti sociali, le crisi di coppia, il vampiresco, l’Unesco, i luoghi di passaggio: le metropolitane, gli alberghi, l’omologazione, gli sgambetti allo spazio e al tempo, ma staremmo parlando del libro che ho deciso di leggere io, non è il caso).