[questo articolo dovrebbe uscire per Finzioni Magazine, ma c’è tanto cuore che qualcuno capirà, e poi la notte drammatizza tutto, anche la morte.]
José Arcadio Buendía fue el patriarca y creador de Macondo, se caracterizaba por ser extremadamente soñador y tendiente a actuar en respuesta inmediata a sus impulsos. Se casó con su prima Úrsula Iguarán y a pesar del miedo de tener un hijo con cola de cerdo por la cercanía familiar, tuvieron tres hijos: José Arcadio, el Coronel Aureliano Buendía y Amaranta, además de adoptar a Rebeca. Después de ciertos desvaríos que tuvo, se le amarró a un castaño y finalmente murió en Macondo.
Alla persona più importante della mia vita ho detto, qualche giorno fa, Prendi carta e penna e leggi Cent’anni di solitudine, se mi vuoi capire, vedrai.
Ho detto così.
Ha letto otto pagine e son passati otto giorni, c’è il segnalibro che non è nemmeno sudato.
Ho detto, Ma è normale, è normalissimo.
Visitación gli chiese perché fosse tornato, e lui rispose nel suo linguaggio solenne: «Sono venuto al funerale del re».
Who wanna be forever young, che fascino, Che dreadful imbroglio!, Cristo santo, ma chi Who wanna be forever young anche no ha un granché di sforzo, un certo seguito di rischio, che potrebbe tradursi, chi lo sa, in ottantasette anni di premio Nobel, l’eliminazione del superfluo per arrivare al libro definitivo che non scriverai mai, diceva Julio Cortázar, non fosse per Cent’anni di solitudine, il libro perfetto, il libro circolare, time is a flat circle, Pitagora, Borges, Rust Cohle, gli angeli in colonna.
Allora entrarono nella stanza di José Arcadio Buendía, lo scossero con tutte le loro forze, gli gridarono nell’orecchio, gli misero uno specchio davanti alle narici, ma non riuscirono a svegliarlo. Poco dopo, quando il falegname gli prendeva le misura per la bara, videro attraverso la finestra che stava cadendo una pioggerella di minuscoli fiori gialli.
Quando muore un mito, cosa vuoi fare, piangere?
Oppure dire grazie per la contemporaneità: non sono mai stato contemporaneo di Felisberto Hernández, per dire, di Roberto Arlt, per dire, di Julio Cortázar, nondimeno.
Caddero per tutta la notte sul villaggio in una tormenta silenziosa, e coprirono i tetti e ostruirono le porte, e soffocarono gli animali che vivevano all’aperto. Tanti fiori caddero dal cielo, che al mattino le strade erano tappezzate di una coltre compatta, e dovettero sgombrarle con pale e rastrelli perché potesse passare il funerale.
Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez è un libro che giustifica una vita, un libro che fosse per me renderei obbligatorio, prima dei vent’anni, il mio professore di italiano, alle superiori, diceva Versiamo una lacrima per mia cognata, trentasette anni, incidente in montagna, con buona pace per la madre della vostra professoressa di diritto, novant’anni e briscola.
Non lo so, non lo possiamo sapere.
Sappiamo che il Re è morto.
Lunga vita al Re!